WOODSTOCK: THE AFTER PARTY

dall' OTTAVO NUMERO de L'Alternatore

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  1. * gIoRgInA *
     
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    di Sofia Hu

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    foto di Sofia Hu



    Edited by * gIoRgInA * - 26/9/2009, 16:00
     
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  2. sophia91
     
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    Ecco l'articolo:

    Quest'anno, come forse molti sanno, ricorre il quarantennale del festival di Woodstock, che ebbe luogo nel 1969 dal 15 al 18 agosto. Nonostante il mancato concerto-memorial (a causa del disinteresse degli sponsor) le iniziative per celebrare l'anniversario sono state numerosissime, tra svariati libri, speciali tv, perfino un film, Taking Woodstock di Ang Lee, mostre, tra cui quella a Milano alla Triennale di Bovisa intitolata “Woodstock: the after party”.
    I “tre giorni di pace, amore e musica”sono ricordati in una serie di foto significative, non solo del mitico concerto, ma anche delle celebrazioni degli anniversari precedenti, e di vari concerti, anche recenti, da ogni parte del mondo che riprendono in qualche modo lo spirito di quei giorni.
    Ma cosa fu veramente il festival di Woodstock? Come è nato? Come mai un semplice concerto si è trasformato in un' icona, tanto da essere ricordato a distanza di tanto tempo?
    Nell' immaginario collettivo Woodstock rappresenta l'apice della cultura hippie, che comprende di solito capelloni, marijuana, LSD, donne nude in una distesa di prato, sopratutto per i profani, mentre per chi ha partecipato ha un valore fortemente simbolico, fu un momento di libertà, di trasgressione, di rottura col passato.
    Ma partiamo dalle origini. Alla fine degli anni '60 la guerra del Vietnam aveva rivelato le forti contraddizioni dell' America di quegli anni, il sistema di valori veniva messo in discussione, erano gli anni della contestazione politica, partita dalle università, la musica diventava strumento di impegno sociale, portatrice dei valori e degli ideali dei giovani. Quale occasione migliore di incontro e scambio di opinioni se non un concerto?
    Il concerto in origine doveva essere l'inaugurazione del nuovo studio di registrazione a Woodstock, residenza di Bob Dylan, che Michael Lang e Artie Kornfeld sognavano di mettere in piedi, con i soldi di due giovani produttori, John Roberts e Joel Rosenmann. L'organizzazione fu un'odissea: dopo l'opposizione degli abitanti della sede iniziale, Wallkill, su suggerimento di un giovane del luogo, Elliot Tiber, il “Woodstock Music and Art Fair” (questo il nome ufficiale) si spostò a Bethel.
    Al festival suonarono complessivamente 32 tra gruppi e artisti, tra cui Jimi Hendrix, Joan Baez, Janis Joplin, The Who, che richiamarono circa mezzo milione di giovani (secondo altre stime più di un milione), che intasarono la strada con un'interminabile coda in direzione di Bethel. A unire quella massa, ribattezzata in seguito “Woodstock Nation”, furono i valori e gli ideali della controcultura, la voglia di cambiare, il senso di libertà, rappresentati dalla musica rock.
    Dal punto di vista finanziario fu un grande flop (l'organizzazione era costata 2,4 milioni di dollari e molti entrarono senza pagare il biglietto) e anche la musica fu di bassa qualità, a causa della pioggia, delle droghe e degli impianti rudimentali, ma nonostante tutto questo Woodstock fu un'esperienza collettiva unica, che lascia un segno indelebile; è diventato col passare del tempo un'icona, il simbolo di una generazione, che voleva un mondo migliore, e anche una pietra miliare della storia musica rock; infatti in quei giorni fu evidente il cambiamento del ruolo del concerto, della nuova empatia che si era creata tra pubblico e palco, diventato strumento di comunicazione diretta.
    Il festival è ricordato anche perché ha avuto numerosi “after party”, ovvero i tentativi di riproporre lo spirito di quei giorni, di condividerli ad oltranza; si possono considerare degli “after party” molti concerti odierni, eredi di Woodstock.
    Schermi attaccati alle pareti colorate della mostra mostrano i filmati degli anniversari precedenti, le persone intervistate erano molto entusiaste, un ragazzo perfino avrebbe voluto nascere prima per partecipare al mitico festival, sembra che più che altro volessero principalmente rivivere quel senso di libertà e di trasgressione, staccarsi dalla quotidianità.
    Oggi a quarant'anni di distanza cosa è rimasto dei tre giorni di pace, amore e musica?
    Da un lato si assiste a una commercializzazione dell' icona Woodstock – nel luogo del concerto oggi sorge un museo con mostra permanente del festival – , dall'altro ha lasciato un' importante eredità: ha dato espressione alla cultura giovanile, la tendenza dei giovani al cambiamento, la speranza in un futuro migliore. E tutti quanti oggi siamo inconsapevolmente figli di Woodstock.


    PS: Per chi volesse andarci, la mostra alla Triennale di Bovisa a Milano, in via Lambruschini 31, è aperta fino al 20 settembre. L'ingresso è gratuito.
    www.triennale.it

    Edited by sophia91 - 26/9/2009, 16:22
     
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1 replies since 21/9/2009, 17:06   179 views
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