LE NOSTRE COMPETENZE

dal SESTO NUMERO dell' Alternatore

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  1. * gIoRgInA *
     
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    Tengo a specificare che la premessa al seguente articolo è la sintesi di un’analisi di ricerche statistiche genuine, ossia condotte da me medesimo, utilizzando dati liberamente reperibili dalle fonti che saranno citate nell’apposito spazio.

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    Il pretesto di questa analisi scaturisce dall’incontro di venerdì 20 marzo presso il centro culturale Candiani di Mestre organizzato da Radio Base del network di Radio Popolare, avente a come titolo “Che fine ha fatto l’indipendenza nell’informazione?”. Ad intervenire sono stati Danilo de Biasio, Roberto Ellero, Raffaele Fiengo, Piero Scaramucci, Giovanni Dognini e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, coordinati da Liliana Boranga; questi, a turno, hanno introdotto i loro punti di vista, diversi in funzione del ruolo svolto da ognuno nell’industria mediatica (chi è professore, chi è direttore responsabile di una radio, chi è politico e quindi “oggetto” di informazione), e hanno poi risposto alle domande dei presenti, coinvolti per interesse particolare e personale dal problema della libertà di stampa (che comunque è stato affrontato prettamente nella sua sfera nazionale italiana).

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    Noi de “L’Alternatore” non potevamo lasciarci sfuggire un’occasione simile, utile per un raffronto di idee, ma soprattutto per un umile ascolto di operatori di settore che di esperienza ne hanno da vendere; esperienza acquisita nel cercare di fornire giorno dopo giorno un tipo di informazione che fosse il più onesto, chiaro e indipendente possibile. Le chiavi di volta del dibattito rispondevano ad alcune domande come: “chi dà informazione indipendente?”, o “quali sono i principali sintomi di una scarsa libertà di stampa?”, o infine “qual è il ruolo dei giornalisti e delle redazioni nel creare un ambiente socio-istituzionale che assicuri al cittadino la possibilità di ricevere informazione libera?”. Libera da cosa? Da pressioni esterne, senza dubbio, ma soprattutto senza pressioni interne, e l’Italia non è un buon esempio in proposito. L’editoria è, infatti, quasi esclusivamente nelle mani di gruppi bancari e dell’alta finanza; i singoli giornali sono spesso fortemente influenzati dai partiti; i singoli giornalisti sono spesso costretti a riportare le dichiarazioni delle singole istituzioni, piuttosto che descrivere ciò che veramente accade. Un compromesso fondamentale è generato dal tema della dimensione del mezzo informativo: più è grande un giornale (o una televisione o una radio), più alti sono i costi e quindi più stretto sarà il “giogo economico” di suddetti gruppi editoriali; per uscire da questo schema la soluzione sembra essere quella di raggiungere l’indipendenza economica, che comporta un limite alla grandezza del mezzo, ma che pare poter essere sinonimo di (totale) libertà di espressione. Un quarto tipo non-indipendenza dell’informazione può essere definito come “dipendenza interna”; si tratta della capacità di pochi giornalisti di “creare” la notizia, cosicché se questi ne parlano allora questa è notizia. Quando un tema diventa consunto e non più degno di loro attenzione, lo stesso viene scartato dalla stampa in modo così omogeneo da far apparire i media come dominati da un’unica agenda di informazione, forse dettata da fonti istituzionali. E’ senz’altro curioso osservare come sia in atto in Italia una bipolarizzazione del settore delle agenzie di stampa, fatto che causerà una probabile riduzione della materia prima dei giornalisti.
    Il tema che più mi sta a cuore tuttavia è quello della competenza dei giornalisti. Il problema è stato affrontato in termini duri, accusando un eccesso di lavoratori di settore rispetto all’effettivo bisogno che causa un’eccessiva specificazione del lavoro del singolo compromettendone la libertà. Lo stesso precariato dei lavoratori funge da ostacolo alla propria espressività, allo stesso modo che in tanti altri mestieri. Eppure si è parlato chiaramente di incompetenza sostanziale dei giornalisti, ossia di una mancata specializzazione degli operatori nella propria area di lavoro, o di un sovra-utilizzo di strumenti quali l’intervista impersonale e la cronaca trasbordante di dettagli ma mancante di un’analisi obiettiva sebbene personale. Effettivamente chi pensa mai a questo problema? E noi de “L’Alternatore”, abbiamo pensato a questo problema? Abbiamo riflettuto sul fatto che gente più competente di noi avrebbe potuto criticarci per nostre dichiarazioni, per le nostre imprecisioni, per le nostre sbavature o dimenticanze? Siamo già al livello di dirci pronti per un confronto con i nostri coetanei, o con chi è qualche anno più grande di noi, o ancora con altri nostri “colleghi” giornalisti?
    Se mi trovo qui a scrivere, se sono davanti al mio computer a poche ore da un esame ma ancora pensando all’impegno che ho preso verso i ragazzi che lavorano nell’opera mensile che avete tra le mani, è perché ho una gran considerazione di ciò che si può fare con la volontà di dare qualcosa di nuovo, anche se gli strumenti che abbiamo non sono ancora adeguati; questi si affineranno, si modelleranno, si amplieranno, ci faranno più grandi di quanto noi stessi abbiamo mai potuto immaginare.


    Jacopo Genovese
     
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0 replies since 18/7/2009, 06:22   68 views
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