SIEG HEIL DEMOKRATIE!

dal QUINTO NUMERO dell' Alternatore

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  1. * gIoRgInA *
     
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    Democrazia, altrimenti detto “governo del popolo”. A scuola, solitamente, si insegnano tre cose su questa parola ormai pure un po' inflazionata: che rispetta tutte le posizioni politiche, purchè legittime (per legittime s'intende rispettose delle leggi e della natura stessa della democrazia, non sono ammesse quindi posizioni eversive antidemocratiche), che l'Italia è una democrazia e che la salvaguardia di essa, che va di pari passo con il rispetto dei suoi ordinamenti, è affidata ad una serie di organi istituzionali. Uno di questi, a contatto tutti i giorni con i cittadini, è quello delle Forze dell'Ordine.

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    Sono concetti elementari, finiscono così velocemente e profondamente radicati nel vivere comune da non aver bisogno di essere confermati di continuo. O almeno questo è ciò che si pensa. Fatti come quelli accaduti a Bergamo il 28 febbraio scorso dovrebbero far riflettere sulla necessità di ribadire certi principi, e non solo nei confronti di chi si dichiara antidemocratico. Ma andiamo con ordine, occorre ricostruire una vicenda passata sotto il pressoché totale silenzio mediatico.
    A Bergamo, il 28 febbraio, è prevista l'apertura di una sede di Forza Nuova in via Quarenghi, quartiere multietnico della città
    Per l'occasione, alla testa di qualche centinaio di “camerata”, sono presenti il segretario Roberto Fiore (ex N.A.R, condannato in seguito alla strage di Bologna del 1980, latitante in Gran Bretagna per più di otto anni, nonchè europarlamentare italiano) e Don Giulio Tam, onnipresente padre lefebvriano noto per professare tesi negazioniste e come ideatore dell'orecchiabile ritornello “Per l'Islam adesso viene il bello/ rosario e manganello!/rosario e manganello!”.

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    I sedicenti fascisti danno inizio ad un corteo che ha del paramilitare: compattati in serrate file da sette si esibiscono in saluti romani e slogan vecchi di ottant'anni, addobbati a festa con anticaglie da Ventennio abbinate a caschi e bastoni reduci da Piazza Navona. Il tutto inoltre senza autorizzazione da parte della questura locale.
    Ciononostante il dispiegamento di forze è notevole, come notevole sembra essere la precisione degli ordini impartiti ai reparti della celere dal questore Rotondi: visiere e scudi non sono infatti rivolti verso le teste rasate, i volti protetti da caschi fazzoletti, le mazze decorate con celtiche e svastiche ma verso un migliaio di manifestanti contrari all'apertura della sede, pressati e tenuti senza troppe buone maniere ben distanti dalla marcia non autorizzata.
    Questi, ultimi sparuti figli della proverbiale Bergamo operaia, “rossa” e antifascista, si ritrovano costretti a retrocedere per le ripetute cariche a freddo delle Forze dell'Ordine, le quali, troppo intente a manganellare chi dichiara di non condividere un'ideologia fondamento di più d'una dittatura, non sembrano accorgersi che, alle loro spalle, vengono infangate due leggi della Repubblica (la Scelba del 20 giugno '52 e la legge Mancino del '93) oltre a quel buon senso che dovrebbe essere comune.
    I manifestanti decidono di rientrare, sciolgono il presidio e rifluiscono per varie strade della città. Ma sembra non bastare. Una sessantina di essi, percorrendo via Paleocapa, vengono inseguiti e manganellati dai membri del Reparto Mobile che avviano una vera e propria caccia all'uomo: a fine giornata saranno 59 tra schedati e fermati, tutti con contusioni di vario tipo. I pochi video superstiti, reperibili su YouTube*, mostrano botte indiscriminate, il disperato tentativo di un ragazzino, con un anfibio schiacciato in faccia, di ribadire la propria innocenza, una ragazza malmenata da cinque uomini in divisa che l'apostrofano come “zecca puttana”, un individuo coperto da passamontagna unirsi al pestaggio senza che nessuno provi nemmeno a chiedergli chi sia.
    Qualcosa di nuovo? Purtroppo no, e le ragioni sono altresì note. La politicizzazione dei reparti mobili della polizia italiana è tanto capillare quanto orientata tutta dalla stessa parte. Lo confermano le recenti inchieste, aventi al centro la pubblicazione dei post del forum della celere DoppiaVela, riportate tali e quali dall'ottimo libro-verità di Carlo Bonini “A.C.A.B, all cops are bastards”, da poco nelle librerie. Una nostalgia dell'odio che avvicina i principali addetti alla pubblica sicurezza più agli “1..2..3..Viva Pinochet!” di Genova, ai “Sieg Heil” e agli skins nazisti piuttosto che alla Costituzione della Repubblica.
    Non basta, e soprattutto non serve, relegare tutto alla logica del semplice “abuso di potere”: qui il cancro è più profondo e radicale. Ma sono l'indifferenza totale, la disinformazione, gli ordini “dall'alto” ed il modo in cui vengono presentati (travisati?) che devono scatenare una riflessione, più delle mazzate inferte da teppisti in divisa blu.
    Vale ancora la pena di dichiararsi democratici? Che senso hanno acquistato parole come democrazia e libertà di espressione oggi, quando le forze di polizia, per non parlare delle istituzioni, non muovono un dito (quando non appoggiano esplicitamente) contro le manifestazioni di un partito che, senza nasconderlo, si rifà alla famigerata Garda de Fier di Codreanu? E, ancora peggio, quando una, se non vogliamo “pacifica”, comunque disarmata manifestazione di dissenso a tutto ciò viene in questo modo repressa?
    La democrazia può tollerare tutto, tranne il dissenso per se stessa: è un paradosso, ma è il paradosso dentro il quale abbiamo scelto di vivere. E non dobbiamo dimenticarci mai che è l'unico paradosso che ci è concesso professare.


    *https://www.youtube.com/watch?v=ojq0coCvVlQ


    Nicolas Mongelli
     
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0 replies since 17/7/2009, 09:07   81 views
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