SE LA QUESTIONE MORALE FOSSE IN RITARDO DI 500 ANNI?

dal QUARTO NUMERO dell' Alternatore

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    IL RITORNO DEL PRINCIPE
    Un libro di Roberto Scarpinato e Saverio Lodato, ed. “Chiarelettere”

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    Non c’è tema più attuale della sistematica criminalità politica italiana. Sapete perché? Perché questa è sempre esistita. Roberto Scarpinato, magistrato e capo del dipartimento di mafia-economia presso il Tribunale di Palermo, alimenta i dubbi di chi si chiede se è possibile andare alle urne e votare sperando di non incappare in quella “questione morale” che ha riempito la bocca di giornalisti e politici negli ultimi mesi del 2008 (in effetti il magistrato parla di “questione criminale”, perché di crimini contro lo Stato si tratta). “Il ritorno del Principe” risponde pure a quei politici e giornalisti che, faziosi, denunciano la sproporzione tra rapporto tra numero di intercettazioni e popolazione italiano e quelli del resto dell’Occidente civilizzato. Qual è la differenza tra noi e gli USA, la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna? Semplicemente che in Italia, come dice lo stesso autore, “la storia nazionale, quella con la S maiuscola, è inestricabilmente intrecciata con quella della criminalità di settori significativi della sua classe dirigente”. Nella stesura del libro, che si presenta estremamente scorrevole soprattutto grazie all’impostazione in forma d’intervista di Saverio Lodato (giornalista e scrittore che ha incentrato la sua opera sulla mafia e su Palermo) a Scarpinato, i due autori trattano il tema della criminalità dei potenti in Italia nelle tre forme in cui si manifesta: la corruzione sistemica, la mafia e lo stragismo per fini politici. Il libro si presenta come un’imponente opera di analisi politica, economica, giuridica, culturale (continui sono i riferimenti alla letteratura e alla filosofia), sociologica e storica dell’ingerenza del Principe nello sviluppo istituzionale italiano dall’unione ad oggi.
    Chi è il Principe? Scarpinato si riferisce all’opera di Machiavelli, o meglio a ciò che si intende oggi con “machiavellismo”: la filosofia del fine che giustifica i mezzi, e quindi la ricerca da parte del potere di quei sistemi d’impostura necessari al fine di raggiungere l’autoconservazione. Il Principe, come afferma il magistrato, “è tornato a cavalcare la storia ed è in forma smagliante”; sono due i principali segni di questa degenerazione politica: la premodernità del nostro Stato, che sembra sempre mancare gli appuntamenti con la storia che hanno segnato lo sviluppo delle altre potenti nazioni occidentali (come testimoniano il sottosviluppo del Meridione che nel XIX secolo era ancora principalmente sotto un regime feudale; la presenza di corporazioni lavorative come quelle dell’università e dell’avvocatura che spartiscono cariche e cattedre come se si trattasse di beni di famiglia ereditari; la staticità dell’evoluzione istituzionale in rapporto con il pensiero politico); l’altro segno è la forza con cui si cerca continuamente di limitare la democrazia assicurata dalla Costituzione italiana. Se per Benedetto Croce il fascismo fu una parentesi della storia nazionale, per Scarpinato il Ventennio rappresentò la quintessenza dell’identità culturale del Paese e delle sue classi dirigenti; l’autore suggerisce un’analogia per spiegare la differenza tra l’Italia disegnata dalla Costituzione e l’Italia che era e che è ancor oggi: “tra queste due entità vi è lo stesso abisso che esiste tra il dover essere e l’essere”. Mi viene da chiedermi se sia ancora possibile nella nostra nazione concretizzare il modello dettato dai costituenti, invece di adattare la carta alla corrente, degenerata democrazia.
    Il Principe si assicura l’impunità dei protagonisti del reale comando: nel trattare il tema della corruzione, l’autore traccia la storia dei casi più eclatanti di improcedibilità di coloro i quali sono inquisiti, a partire dagli scandali dell’epoca giolittiana fino a Tangentopoli; guardando all’esito dei processi scaturiti da tali scandali, si può osservare che la quantità di “colletti bianchi” condannati si può contare sulle dita di due mani. La corruzione avviene tramite tecniche sapienti volte a rendere inattaccabili corrotti e corruttori: depenalizzazione de facto di reati d’ufficio e di corruzione, creazione di posizioni giuridiche indefinibili e quindi non soggette a specifiche leggi, omertà dei più alti livelli istituzionali; la corruzione, oggi tecnica quasi del tutto liberalizzata, costa all’Italia il 5% del Pil.
    Il tema della mafia occupa, per ovvi motivi professionali, la più grande sezione del libro. Anche qui la storia del fenomeno è rappresentata solo in funzione del rapporto che questo aveva con il potere, sebbene molti di questi contatti sono destinati a rimanere segreti: è il cosiddetto “effetto luna”, per cui conosciamo solo la parte visibile del fenomeno, e ignoriamo il lato oscuro; forse il sistema non è pronto per certe verità. La mafia siciliana si distingue storicamente dalle altre, perché nasce come creatura delle classi alte per dominare su quelle basse, e non come contro-stato; per questo la politica nazionale è sempre stata influenzata dai movimenti della politica più o meno occulta dell’isola. Scarpinato cita gli omicidi di Notarbartolo durante il governo Crispi, cita Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, Chinnici, che furono totalmente abbandonati dallo Stato che a capo aveva Giulio Andreotti; viene raccontata la modifica della struttura mafiosa ad opera di Riina e Provenzano, i “corleonesi”, ed il contrasto attuato dal pool antimafia e da Falcone e Borsellino, finito con la loro morte nel 1992. L’autore, protagonista anch’egli di quel periodo a tratti buio e a tratti splendente, parla con amarezza delle occasioni perse in quegli anni che videro fortemente colpita l’ala militare della mafia, ma che in un certo modo rafforzava la sua parte politica. Se da un lato venne fuori uno spirito anti-mafioso anche da parte della popolazione, tramite iniziative come “addio pizzo”, dall’altro lato Scarpinato teme il potere che la mafia continua a detenere ancora nel terzo millennio.
    Ci sono speranze reali per questo Paese?


    Jacopo Genovese
     
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0 replies since 16/7/2009, 11:38   87 views
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